PRIMA EDIZIONE DEGLI STATI GENERALI – ANNO 2006 2008

 

Manifesto

Una provocazione: le cosiddette badanti sono parte della “nuova” cooperazione internazionale? Sono cooperanti a tutti gli effetti? Svolgono un lavoro socialmente utile e contribuiscono alla soluzione di un bisogno fortemente sentito nelle nostre società cosiddette avanzate? Un esempio concreto di come il nostro dibattito sulla “nuova” cooperazione e solidarietà internazionale si debba caratterizzare per la grande ricchezza e varietà dei temi in discussione.

In molte sedi si affronta la questione con nuove idee e approcci di altra economia, si ridefinisce il concetto di commercio e si discute di sostituire la parola e il relativo concetto di sviluppo. Molti i temi da rivisitare: guerra e pace, il cosiddetto umanitario e le missioni militari, i mutamenti climatici, il sostegno a distanza, i migranti e le loro associazioni, i problemi strutturali e quelli dei movimenti sociali, l’aiuto pubblico allo sviluppo e la cooperazione decentrata, i beni comuni, i progetti “tradizionali” e delle ONG, i modelli di sviluppo e quelli della sicurezza, gli obiettivi di sviluppo del Millennio, la moltiplicazione degli attori, i campi di lavoro. Sono temi su cui da tempo ci confrontiamo, in Italia come nei Forum Sociali mondiali, europei e policentrici, come a Bamako e a Porto Alegre.

Il moltiplicarsi dei temi nel dibattito sulla cooperazione e sulla solidarietà internazionale appare come la positiva conseguenza dello sbriciolamento e della conseguente esplosione del paradigma della cooperazione allo sviluppo, sorta in Italia in un quadro mondiale regolato da equilibri molto diversi nati nel quadro dalla logica dei blocchi, che ha influito anche nella relazione tra paesi del Nord e paesi del Sud del mondo.

La caduta del muro di Berlino, unita alla costante politica di delegittimazione delle Nazioni Unite con l’avanzare dei processi di globalizzazione, hanno sconvolto il quadro in cui la stessa cooperazione era stata disegnata. La legge 49 sulla Cooperazione Internazionale rivela sempre di più la sua inadeguatezza. La sua riforma, però, non deve essere praticata solo per necessità strutturali, come lascerebbe intendere il dibattito su agenzia della Cooperazione Italiana sì  agenzia della Cooperazione Italiana no, ma deve maturare in un più ampio ambito di confronto che ci permetta di rinnovarne la qualità, il perché, il fare cosa e con chi, della cooperazione e della solidarietà internazionale oggi.

S’impone una analisi e l’elaborazione di una strategia della cooperazione e della solidarietà internazionale che determini l’approccio e l’indirizzo della politica dell’Italia.

Questo stimolo è avanzato prepotentemente, soprattutto con l’entrata in scena di tanti soggetti nuovi e con nuove pratiche di progetti di solidarietà e cooperazione. L’esempio della ex Jugoslavia ci dice molto su quanto si è fatto e messo in moto al di fuori dei classici schemi di cooperazione a cui eravamo abituati. E ciò è accaduto non solo per le situazioni di guerra e di emergenza umanitaria.

I movimenti ci hanno insegnato a pensare che “Un altro mondo è possibile”: da qui deriva l’urgenza di misurarsi sulle contraddizioni e coerenze delle politiche che regolano il pianeta.

I cosiddetti partners e beneficiari delle nostre iniziative e politiche di cooperazione e di solidarietà hanno molto da dire riguardo a tutto questo. Gli Stati Generali vogliono essere un’occasione per sviluppare anche insieme a loro, la logica ed il fine stesso, la natura e dunque le basi dei nostri futuri interventi. Per essere capaci  di costruire con loro un nuovo mondo, una nuova reciproca cooperazione e solidarietà, sempre più strategica, sinergica e parimenti partecipata.

Gli Stati Generali potrebbero dar conto di questa nuova fase della cooperazione attraverso la partecipazione dei differenti attori, piccoli e grandi, vecchi e nuovi, e delle tante esperienze dal basso che nel nostro Paese in questi ultimi anni sono cresciute in modo straordinario e significativo.

Con un approccio se non più teorico almeno più analitico, si può così avviare una nuova stagione di opportunità, di confronto e di proposta anche con le istituzioni locali, nazionali ed internazionali, da ripetersi periodicamente.

Bisogna tener conto del moltiplicarsi degli ambiti di interesse della cooperazione, nella consapevolezza di dover attaccare le cause strutturali della povertà, le cause contingenti e sistemiche, che generano le guerre, i razzismi, le povertà, gli sfruttamenti.. pur confrontandosi con i limiti e le possibilità che anche le classiche forme della cooperazione e della solidarietà esprimono. Esse nel mondo globalizzato, appaiono sempre più come una funzione, un’attività che riguarda tutta la società: la moltiplicazione degli attori e delle pratiche lo dimostra. E’ sempre più evidente che è entrato in crisi il paradigma “aiuto pubblico allo sviluppo”, e non certo l’esigenza di rapporti solidali ed equi tra le comunità del pianeta. In questo senso, la cooperazione e la solidarietà, liberate dalla camicia di forza dello sviluppo a senso unico, sembrano riproporsi al plurale. Forse, oltre ad abolire la parola sviluppo, dovremmo cominciare a parlare di “nuove cooperazioni e solidarietà possibili”.

Gli Stati Generali vogliono essere l’occasione di un incontro nazionale tra tutti i soggetti interessati per dare inizio a quel confronto ricco, necessario e propositivo, che metta in luce le esperienze innovative e delinei nuove politiche della cooperazione e della solidarietà internazionale del nostro Paese. Proprio per questo, parteciperanno agli Stati Generali ospiti stranieri che rappresentano buone pratiche di cooperazione e di solidarietà internazionale, anche non necessariamente legate all’Italia, con loro vogliamo confrontarci, raccordarci e sviluppare proposte, per costruire la dimensione globale del nostro impegno da cui oggi nessuna politica nazionale può prescindere.

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