Referente proposta: Fabris Luciano

 

L’immigrazione di massa.

Geografica dell’Italia è al centro del Mediterraneo la pone come  terra di confine. Un banco di prova obbligato della solidarietà e della cooperazione.  E’ l’Europa a detenere il più alto numero di immigrati (persone nate in un Paese diverso da quello di residenza). Secondo autorevoli recenti stime, circa 700 milioni di persone nel mondo desiderano migrare dal loro Paese d’origine. E’ come se l’intera popolazione europea desiderasse allontanarsi verso nuove opportunità di lavoro e di benessere. Tuttavia, una più attenta analisi del fenomeno migratorio inserisce nell’equazione “povertà-migrazione” vari fattori, tra cui l’esistenza delle condizioni necessarie per poter desiderare, progettare e realizzare l’emigrazione,. Queste condizioni per migrare sono normalmente necessarie ed in particolare: essere consapevoli di volerlo e poterlo fare ed avere l’intraprendenza e i mezzi necessari per riuscirci. Ad immigrare non sono principalmente le popolazioni delle aree di povertà assoluta, bensì quelle dei Paesi a medio tasso di sviluppo e Povertà relativa rispetto ai Paesi Industrializzati. Emigra chi può permetterselo, in termini economici ma anche di maggior conoscenza e istruzione. Anche le gravi crisi umanitarie, quali siccità, carestie, inondazioni, o la condizione di grave povertà cronica, provocano sfollamenti soprattutto all’interno dello stesso Paese o nei Paesi limitrofi, lasciando a minoranze più predisposte e intraprendenti la scelta migratoria più radicale- Risulta chiaro come non sia possibile delineare un semplice e diretto rapporto di causalità tra povertà ed immigrazione e come, di conseguenza, le azioni di cooperazioni allo sviluppo non siano automaticamente adatte a limitare i flussi migratori. Infatti, per sua definizione la cooperazione allo sviluppo si prefigge l’obiettivo primario di sconfiggere la povertà e garantire una vita dignitosa a coloro che versano in condizioni di precarietà economica, sociale e culturale promuovendo occasioni di sviluppo. Essa si dirige per lo più verso Paesi dove le sono troppo povere per riuscire ad immigrare. Particolarmente, nel caso in cui la cooperazione raggiungesse i propri obiettivi creando sviluppo nel Paesi più poveri, è molto probabile una parallela crescita dei flussi migratori, almeno nel breve periodo. L’uscita dall’estrema povertà e l’acquisizione di maggiore benessere (economico e culturale) favoriscono, infatti, le condizioni necessarie per potere migrare. La complessità del rapporto tra cooperazione allo sviluppo e gestione delle migrazioni internazionali e come questi due settori, seppur abbiano importanti punti in comune, debbano necessariamente restare separati nei mandati e nelle azioni da intraprendere, evitando di snaturale la cooperazione allo sviluppo e cercando di renderla uno strumento per ridurre i flussi migratori. Pensare di poter applicare paradigmi semplicistici (come quello di aiutarli a casa loro) quali strumenti della cooperazione allo sviluppo al fine della riduzione dei flussi migratori, oltre ad essere inefficaci, rischia di sviare l’attenzione da una approfondita analisi sul ruolo, positivo o negativo, che la cooperazione da un lato e le migrazioni dall’altro possono di volta in volta svolgere sullo sviluppo dei Paesi poveri. La cooperazione allo sviluppo è finalizzata al soddisfacimento dei bisogni primari e in primo luogo alla salvaguardia della vita umana, alla autosufficienza alimentare, alla valorizzazione delle risorse umane, alla conservazione del patrimonio ambientale, all’attuazione e al consolidamento dei processi di sviluppo endogeno e alla crescita economica, sociale e culturale dei Paesi in via di sviluppo. Pertanto difficilmente essa potrà essere diretta prioritariamente verso i Paesi di maggior emigrazione, quelli cioè a medio livello, ma continuerà a focalizzarsi innanzitutto sui Paesi a più basso tasso di sviluppo o a sviluppo bloccato da gravi difficoltà politiche, con il probabile effetto, nel medio periodo, di incrementare i flussi migratori. Può esistere correlazione tra aiuti allo sviluppo e migrazioni solo se l’ aiuto a casa loro si trasforma da semplice slogan in serio e concreto impegno politico, Il problema è duplice: da un lato, gli aiuti non produrranno in merito alcun effetto positivo se continueranno ad essere minimali; dall’altro, occorre affrontare il tema con una visione politica e strategica di lunga durata, in modo coordinato a livello europeo e internazionale, con programmi di aiuto che creino realmente crescita nelle aree più povere in modo diffuso. Solo con un livello di vita, economica, sociale e culturale che soddisfi adeguatamente, a casa loro, i bisogni e le aspirazioni familiari, solo con un livello di reddito che possa garantire una vita dignitosa per sé e la propria famiglia e un futuro decoroso ai propri figli, la spinta all’emigrazione di affievolirà e inizierà al contempo quella inversa del ritorno a casa. Oltre all’effetto positivo sul proprio Paese di origine grazie alle rimesse, gli immigrati contribuiscono in modo rilevante al benessere complesso del Paese che li accoglie, Questa realtà è stata più volte evidenziata da approfonditi studi economici. John Kenneth Galbraith così la riassume e la commenta: quali desiderano maggiormente riscattarsi, sono utili per il Paese che li riceve, aiutano a rompere l’equilibrio di povertà nel Paese di origine; quale perversione dell’animo umano ci impedisce di riconoscere un beneficio tanto ovvio?

Anche l’ONU ha un ruolo importante nell’immigrazione in un sistema di pace globale in costruzione. Quali sono le condizioni a garantire la pace, la prosperità, e un ambiente vivibile per le future generazioni? Consideriamo un ragionamento economico . Esiste un sistema regolatorio di feedback:

  1. Raggiungere un accordo: i metodi degli economisti per raggiungere un accordo consistono in negoziati per trovare scambi e trattati vicendevolmente vantaggiosi.

  2. Capacità di osservare: gli economisti sono ben consci che una precondizione per la formulazione e l’attuazione di politiche valide è avere dati affidabili. I governi raccolgono vaste statistiche economiche per individuare qualunque deviazione da una condizione desiderata, quali un aumento della disoccupazione o dell’inflazione (dei flussi immigratori), così da essere in grado di prendere contromisure. C’è bisogno dello stesso tipo di occhi attenti per preservare la pace e l’immigrazione controllata.

  3. Incentivi: una nozione centrale dell’economia è che si agisce nel proprio interesse. La dottrina economica suggerisce anch’essa un approccio non –militare alla difesa: la ricerca della sicurezza comune per rendere più attraente la pace. Se altri ci percepiscono come una minaccia, cercheremo naturalmente di contrastare tale minaccia, la qual cosa a sua volta ci rende meno sicuri. e vogliamo essere sicuri, dovremmo avere un ruolo utile, preferibilmente indispensabile ad altri paesi, in modo sia nel loro stesso interesse mantenere buone relazioni con noi.

  4. Programmazione futura: gli economisti sottolineano la necessità di investimenti. Un piccolo esborso adesso può rendere grossi benefici in futuro. I governi sono generalmente talmente sovraccarichi che tendono a reagire ai problemi solo dopo che hanno raggiunto livelli di crisi, invece di prevederli e prevenirli.

  5. Comportamento razionale: gli economisti consigliano di soppesare attentamente costi e benefici di varie linee d’azione, non di agire impulsivamente guidati dalle emozioni. Un’azienda che pratichi il razzismo o il sessismo non riuscirà ad assumere le persone più qualificate per un dato posto di lavoro. Analogamente, il nazionalismo e il razzismo possono portare a perseguire politiche disastrose, come fece la Germania nazista. L’istruzione globale, in cui i bambini imparano a capire e rispettare altre culture, può essere uno dei modi migliori per superare il pregiudizio e il pensiero irrazionale.

  6. Risorse: Gli economisti si sono resi conto da tempo che quelle umane sono una delle risorse più preziose.

Programma d’azione per affrontare l’immigrazione e dare delle risposte.

Il programma identifica obiettivi e strategie comuni per incoraggiare i governi nazionali, organizzazioni multilaterali europee (UE) e l’ONU, oltre le stesse associazioni interessate, ad attuare in modo migliore le politiche d’immigrazione di massa per la prevenzione dei conflitti e la costruzione di pace.

Obiettivi.

Le associazioni non –profit caratterizzate da professionalità e responsabilità che lavorano nella cooperazione sono cresciute molto negli ultimi anni. Esse hanno un approccio diversificato sanno sostenere le trasformazioni delle politiche per affrontare i fattori strutturali che generano i conflitti così come il lavoro di partenariato nel nostro continente su specifiche situazioni di conflitto. L’obiettivo è cercare di prevenire l’emergenza immigrazione, l’escalation o la ricorrenza di conflitti violenti con i nativi e di riuscire a trasformare le situazioni che ne sono la causa Imparando gradualmente a gestire le crisi con maggiore efficacia, lavoriamo su problemi che , se non fossero affrontati, si tramuterebbero nel tempo in cause scatenanti i conflitti. Stiamo creando alleanze multilaterali per prevenire che utilizzino al massimo livello il contributo delle associazioni (OSC) per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo millennio (Milllenium Development Goals),della sicurezza umana e di una pace sostenibile all’interno di sistemi nazionali e internazionali . Desideriamo ottenere un riconoscimento ufficiale del ruolo legittimo della società civile nelle questioni che riguardano l’immigrazione e quindi la sicurezza e la pace. Per una prevenzione più efficace dei conflitti e necessario istituire alleanze tra governi, organizzazioni intergovernative (OSC), UE e le OSC che hanno codici di comportamento chiari e definiti. E’ importante che le OSC non vengano considerata come strumenti per l’esecuzione di programmi stabiliti da altri, ma che vengano invece considerate come partner con un valido contributo da apportare in termini di definizione delle politiche, attuazione dei programmi e informazioni. Proponiamo di lavorare con governi, OIG, UE e Istituti finanziari internazionali (IFI) coinvolgendo le OSC per la pianificazione, l’attuazione dei programmi. Le associazioni sono impegnate a rafforzare le reti della società civile su temi dell’immigrazione per la pace e la sicurezza per collegare il livello di azione locale con quello globale.

La prevenzione

La promozione della pace e della sicurezza in questo secolo richiede un mutamento radicale nella nostra modalità di risposta alla sfida costituita dai conflitti violenti. La nostra priorità è di prevenire lo scoppio di tali conflitti evitando gli enormi costi dell’immigrazione in termini umani ed economici. Invece di limitarsi a reagire alle crisi, quando è spesso troppo tardi per poter agire in modo efficace senza l’uso della forza, dobbiamo affrontare le cause alla base dell’immigrazione e quindi dei conflitti e i fattori che permettono che questi divengano mortali come avviene oggi. l’impegno nella prevenzione dei conflitti violenti richiede un rafforzamento dei sistemi di gestione pacifica degli interessi in conflitto, difendendo i diritti umani, promuovendo i valori umanitari e dirigendo le risorse verso il soddisfacimento dei bisogni umani di base.

Costruire una cultura della prevenzione.

Promuovere progetti e programmi sull’immigrazione nel lungo periodo è quello di generare una “cultura della prevenzione” e una cultura di pace a tutti i livelli. L’impegno per generare tale cultura deve essere fortemente radicato nella popolazione. E’ questa cultura attraverso l’educazione alla pace l’elemento fondamentale di trasformazione. Il contesto è un elemento fondamentale ed è per questo motivo che l’educazione nelle comunità divise deve essere particolarmente attenta agli aspetti culturali. Le persone di ogni fascia dì età dovrebbero avere la possibilità di divenire agenti di cambiamento per la trasformazione dei conflitti a livello locale Con il miglioramento delle conoscenze sulla prevenzione della violenza e sulla trasformazione dei conflitti, tale approccio dovrebbe radicarsi nella coscienza comune.

La sicurezza umana.

Siamo impegnati nella promozione della sicurezza delle persone: la loro sicurezza fisica, il loro benessere socioeconomico, i rispetto per la loro dignità e identità in quanto individui e membri si comunità, e la protezione e promozione dei loro diritti e delle loro libertà fondamentali. Siamo particolarmente impegnati nella protezione dei gruppi vulnerabili e svantaggiati oltre che di quelli che vivono una situazione di discriminazione.

Responsabilità di prevenire e proteggere

La Comunità Internazionale ha la responsabilità di agire in modo risolutivo nei casi in cui gli Stati non vogliono rispettare le responsabilità principali nei confronti dei propri cittadini. Dobbiamo abbracciare l’idea della ”responsabilità di protezione” come elemento di base nel codice della cittadinanza globale, per gli Stati e le persone. E’ possibile affrontare in modo efficace i principali problemi globali come l’immigrazione di massa solo grazie all’impegno e al coordinamento di politiche sviluppate in contesti multilaterali, soprattutto tramite le Nazioni Unite, e non sulla base di azioni unilaterali, ma le norme e i regolamenti internazionali debbono riguardare tutti e da tutti debbano essere rispettati.

Unione tra società civile, governi e OIG per la prevenzione.

Un’efficace prevenzione sull’immigrazione e dei conflitti richiede la reazione di alleanze strategiche e collaborazione per la prevenzione a livello nazionale, regionale e internazionale. Questo dipende : dal riconoscimento ufficiale della legittimità delle associazioni, che siano realmente rappresentative, ad occuparsi delle questioni d’immigrazione , della pace e sicurezza; dal riconoscimento del loro ruolo nell’alleanza per la prevenzione dei conflitti; dai meccanismi e delle risorse necessarie messi a disposizioni per poter realizzare le loro attività. Senza coinvolgimento della società civile la prevenzione di conflitti non può aver luogo.

Nel territorio: il livello locale.

La responsabilità principale riguarda gli attori locali. I governi devono mantenere le proprie responsabilità di proteggere, prevenire i conflitti e costruire una cultura di pace. Affinché la prevenzione sia sostenibile, le persone dicono sentire che il processo gli appartiene e che non è imposto dall’esterno. La comunità internazionale deve creare spazi e sostenere processi inclusivi che permettano alle persone direttamente coinvolte di costruire le proprie capacità e prendere decisioni sulle modalità di risoluzione dei conflitti dati dall’immigrazione di massa lo è.

L’uguaglianza.

Per promuovere la sicurezza umana, governi, agenzie internazionali e associazioni devono garantire che le proprie azioni promuovano in modo attivo l’uguaglianza di genere e comprendano persone di diversi contesti politici, etnici, religiosi, culturali, socioeconomici e di altre minoranze nei processi di promozione della giustizia sociale. Un aspetto particolarmente importante per le comunità di immigrati e della diaspora nel contesto europeo. Sosteniamo la risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU su Donne, pace e sicurezza che si rivolge in modo specifico all’impatto dei conflitti sulle donne e al contributo delle donne alla risoluzione dei conflitti e alla pace sostenibile. Auspichiamo la sua piena e costante attuazione.

Organizzazione della società civile.

Si deve adottare meccanismi e metodologie più efficaci per rafforzare l’interazione tra le associazioni, al fine di migliorare lo scambio di esperienze, il coordinamento e lo sviluppo di strategie condivise. Il sostegno dell’opinione pubblica è essenziale per conquistare il consenso politico dei governi e delle organizzazioni intergovernative, nonché per affrontare le cause d’insorgenza dei conflitti con l’immigrazione di massa. Le associazioni dovrebbero promuovere campagne di sensibilizzazione tra l’opinione pubblica sull’impatto dell’immigrazione di massa, sia costruendo la fiducia verso le alternative civili sull’intervento dei migranti. Esse devono prevedere una strategia di copertura globale dei mezzi di comunicazione: perseguire la concretizzazione di alleanze; e ricercare opportunità di propugnare la cultura della pace in occasione di eventi nazionali e regionali. Il nostro obiettivo comune è la realizzazione di un evento pubblico su scala europea sul ruolo della società civile nella prevenzione dei conflitti. Le associazioni dovrebbero svolgere un ruolo trainante nella promozione di una cultura di pace a qualsiasi livello. L’obiettivo dovrà essere quello di favorire la nascita di nuovi gruppi di sostegno e l’avvicinamento di gruppi oggi divisi da barriere etniche, linguistiche, religiose, culturali e sessuali. La costruzione per la risoluzione dei conflitti che crea l’immigrazione a tutti i livelli è una priorità universale, e l’educazione rappresenta la via più completa. Le associazioni dovrebbero sviluppare meccanismi di allarme tempestivo e risposta tempestiva nei paesi e nelle aree a più alto rischio, facendo ricorso alla loro profonda conoscenza dei gruppi locali. Il nostro obiettivo è lo sviluppo di una rete globale integrata di associazioni che possano cooperare nella mobilitazione della volontà politica necessaria alla costruzione di un’efficace risposta tempestiva. Le associazioni, i governi e le organizzazioni intergovernative dovrebbero operare congiuntamente allo sviluppo di strumenti e meccanismi appropriati per il controllo e la valutazione delle attività in questo settore, in modo che tutti posano trarre dall’esperienza e sviluppare conformemente la migliori pratiche.

Governi.

I governi nella fase organizzativa interna in tema di prevenzione ai conflitti dati dall’immigrazione dovrebbe coinvolgere le associazioni nelle attività di analisi, pianificazione e implementazione in modo chiaro e trasparente con strategie coordinate e coerenti. Assegnare la priorità alle prevenzione dei conflitti si traduce nella necessità di maggiori risorse, da amministrare in maniera più efficace. Occorrono modalità di finanziamento che all’affidabilità della raccolta dei fondi gestibili velocemente per iniziative di risposta rapide e flessibili. La soluzione delle cause di conflitto nel lungo periodo può essere raggiunta solo attraverso l’adozione di strategie coerenti che permettano di orientare efficacemente la distribuzione delle risorse. I Corpi Civili di Pace sono l’esempio di come le associazioni possono attivamente impegnarsi nel reclutamento, nell’addestramento e nell’impegno di personale civile qualificato nella prevenzione dei conflitti e nella costruzione di pace.

Unione Europea.

Invitiamo gli stati membri della UE, le istituzioni comunitarie e le associazioni a dare avvio a un serio dialogo per trovare un’intesa su riforme strutturali che permettano un approccio comunitario più integrato ed efficace alla preparazione e alla gestione delle situazioni di crisi di breve termine che coinvolgano i civili, nonché della costruzione della pace nel lungo periodo nel luogo dove verranno costruite le ”Città Globali per lo sviluppo e l’integrazione”. Queste riforme devono riguardare la pianificazione, l’implementazione e la valutazione di tutte le attività di gestione delle crisi e di costruzione della pace, incluso l’addestramento, il reclutamento e la ricerca.

Allarme tempestivo . La UE dovrebbe migliorare la sua procedura di allarme tempestivo assicurando che le informazioni provenienti “dal campo” siano maggiormente utilizzate a supporto delle analisi condotte dagli stati membri nelle situazioni di forti immigrazioni emergenti, e che queste informazioni vadano poi ad alimentare il processo di allarme tempestivo della UE per azioni mirate. E’ importante che i capi delegazione UE, i rappresentanti speciali della UE e gli stati membri raccolgano informazioni da un vasto arco di associazioni per aiutare lo sviluppo di strategie di prevenzione dei conflitti, informazioni che dovrebbero inoltre ispirare i documenti strategici nazionali.

Contrastare la proliferazione degli armamenti.

La UE dovrebbe sostenere il coinvolgimento della società civile nello sviluppo e nell’implementazione di piani d’azione nazionali e regionali volti a ridurre la proliferazione di armi di armi di piccolo calibro e armi leggere. <Un maggior controllo delle esportazioni, in modo da garantire che le armi provenienti dalla UE non aggravino i conflitti e non ostacolino le strategie di sviluppo e i diritti umani. La strategia di sicurezza della UE mostra come il collasso dell’entità statuale costituisca la maggior minaccia alla sicurezza. La Ue dovrebbe pertanto riconoscere il ruolo chiave che la società civile può spesso svolgere in un simile contesto. Dovrebbe sostenere la mobilitazione delle risorse interne alla società attraverso l’appoggio politico e il supporto finanziario a livello locale e nazionale e attraverso un lavoro costruttivo con le comunità della diaspora a livello internazionale. La Ue dovrebbe sviluppare e approfondire il dialogo con la società civile nel suo intero raggio d’azione. Pensiamo , ove è possibile, coinvolgere la società civile nelle riunioni nella Political and Securuty Committee, PSC e nel Committee for Civilian Aspects of Crisis Management, CIVCOM. La UE dovrebbe rafforzare le reti della società civile presenti sul territorio a livello locale, nazionale e regionale, per impegnarsi nella costruzione della fiducia, nel Capacity building, nel monitoraggio, nello sviluppo della consapevolezza, e alimentare così la programmazione e le politiche comunitarie.

 

Per maggiori informazioni contattare:

fabris luciano
Smile mission onlus
te. 3404447357

 

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