Disuguaglianze, società inclusive, cooperazione allo sviluppo

 

  • L’aumento della distanza tra le fasce più povere e quelle più ricche della popolazione mondiale è un dato di fatto che non può più essere messo in discussione, e che pone un problema di enorme importanza per chiunque ritenga necessario lavorare per un mondo più giusto. Per migliorare le condizioni dell’umanità nel suo complesso, non è sufficiente lavorare sulla povertà e sull’inclusione delle persone più fragili e vulnerabili; ma è necessario modificare i meccanismi che li hanno resi o mantenuti tali; sui sistemi economici, sociali e politici che questa diseguaglianza generano e riproducono.

    Anche la situazione che l’intero pianeta sta vivendo con la pandemia del COVID-19 offre elementi di riflessione importanti sotto questo profilo. Stiamo attraversando una crisi sociale senza alcun precedente, che evidenzia i limiti di quei meccanismi che hanno indebolito la capacità delle persone e delle istituzioni pubbliche di reagire, ed i rischi dei sistemi che hanno concentrato il potere e la ricchezza in maniera così nociva sia per la società che per la stessa economia.

    Porsi in una prospettiva di cambiamento di sistema, implica il rilanciare la dimensione ‘trasformativa’ dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, che nell’obiettivo 10 recepisce il tema delle disuguaglianze.

    Quali sono i contributi possibili della cooperazione e della solidarietà internazionale per un mondo meno diseguale e più giusto, anche alla luce degli eventi che abbiamo vissuto in questi ultimi anni, e sui quali è necessario riflettere all’interno del percorso degli ‘Stati Generali’?

    • Inclusione nei diritti. Gli avvenimenti legati alla pandemia hanno suggerito una riflessione sulla disomogeneità nell’accesso alle cure di base nei paesi dove non ci sono sistemi sanitari universali. Oltre a questo, si è sperimentata e si sperimenta ancora la realtà dei molti che hanno perso ogni mezzo di sussistenza a seguito di provvedimenti di blocco necessari per proteggere la salute pubblica, ma (soprattutto nei paesi del Sud globale) messi in atto senza una pianificazione in grado di proteggere le persone più fragili. La previsione di meccanismi volti ad assicurare a tutti un più pieno godimento dei diritti sociali di base rappresenta un elemento necessario di ogni strategia di lotta contro le disuguaglianze. Si tratta di un crinale politicamente complesso: la cura per i più deboli è stata talvolta storicamente segnata da una vena di paternalismo, e si è sviluppato su linee confermative rispetto ai sistemi esistenti. Non si può ignorare la necessità di attenzione a chi si trova in difficoltà, ma occorre farlo basandosi sull’urgenza di tutelare diritti sociali inalienabili (piuttosto che sull’idea di una assistenza ‘concessa’ in modo più o meno discrezionale). Tale responsabilità è ineludibile responsabilità dei governi che devono essere incessantemente richiamati ad essi.

    • Trasformare gli squilibri di potere. Occuparsi delle disuguaglianze implica il porsi una domanda circa le cause di esse: la povertà e la vulnerabilità non sono un destino ineluttabile di alcuni, ma la conseguenza di meccanismi e scelte precise. La concentrazione del potere economico in poche mani coincide con una crescente concentrazione del ‘potere di decidere’1. Il problema è dunque modificare profondamente i meccanismi di decisione, a partire da quelli legati alla ‘voce’ e alla rappresentanza delle fasce sociali più deboli e vulnerabili. Si tratta di una esigenza che diventa particolarmente importante laddove le tendenze della cooperazione internazionale indicano la strada di un sempre maggiore coinvolgimento di attori sociali di tipo e natura diverse, a partire da quelli del settore privato: è naturalmente auspicabile che si definiscano dei terreni comuni e che si sviluppi il dialogo a tutti i livelli; ma è necessario che questo dialogo non sia tra ‘supposti uguali’ in grado di mettere in campo una capacità estremamente disomogenea di entrare in gioco (come talvolta avviene nei contesti definiti ‘multistakeholders’); ma piuttosto a partire da un chiaro riconoscimento di coloro che sono ‘portatori di diritti’.

    • Servizi pubblici forti e accountability. Gli avvenimenti degli ultimi anni hanno mostrato l’importanza di un’offerta di servizi pubblici efficaci ed inclusivi. Per avviare tutto il pianeta in un percorso capace di maggiore giustizia sono necessari investimenti pubblici che siano in grado di offrire tutela ai diritti fondamentali, in particolare dei più deboli. Curiosamente però, nella risposta alla pandemia si è assistito a un rafforzamento dei poteri pubblici, ma in una direzione diversa: quella del controllo militare e securitario del territorio, con modalità che rischiano di non sostenere la costruzione di meccanismi capaci di favorire maggiore equità e giustizia; contribuendo anzi a irrigidire i meccanismi di dialogo sociale e politico. E’ necessario dunque lavorare nella direzione di un dialogo esigente e costruttivo con i poteri pubblici, per costruire una accountability di cittadinanza sempre più consapevole.

    • Un sistema economico più giusto. In presenza di meccanismi dell’economia che favoriscono la concentrazione della ricchezza è necessario lavorare non solo sugli aspetti ‘redistributivi’, ma anche sulla riduzione della cosiddetta ‘disuguaglianza di mercato’. Questo comprende un vasto campo di questioni tra le quali quelle relative alla quota di remunerazione del lavoro nell’attività economica, il ruolo svolto dalla tecnologia e dai regimi di proprietà intellettuale, il ruolo del capitale finanziario e l’esigenza della sua regolazione. E’ possibile contribuire alla costruzione di un campo economico che riduca invece di aumentare le disuguaglianze?

    Tre domande, per aiutarci a riflettere rispetto al nostro impegno concreto.

    • In che modo le attività di cooperazione allo sviluppo riescono a mantenere una sintesi tra l’attività di prossimità e promozione rispetto alle fasce più vulnerabili e la necessaria attenzione al cambiamento del ‘sistema’? In che maniera riusciamo ad articolare con chiarezza la differenza tra i ‘bisogni’ e i ‘diritti’ (con un riferimento a una prospettiva di uguaglianza sostanziale tra tutte le persone, che deve essere normativamente e operativamente riconosciuta)?

    • In che modo la nostra prassi di cooperazione riesce a rappresentare le differenze e le disuguaglianze, in contesti ‘multistakeholders’, nei quali la supposta ‘uguaglianza’ tra i diversi attori rischia di nascondere e riprodurre una modalità profondamente squilibrata di relazione e confronto?

    • Le questioni ‘sistemiche’ sono per loro natura generali e non facili da comunicare. Che tipo di strategie comunicative è necessario adottare per segnalare all’opinione pubblica nel suo complesso l’urgenza di un cambiamento di portata più ampia, al di là del pur meritevole impegno sui temi della povertà?

    1 E’ quello che Branko Milanovic (già lead economist della Banca Mondiale, e certamente non sospettabile di essere un pericoloso estremista!) chiama la ‘nuova plutocrazia globale’. Vedi Milanovic, Branko. 2017. Ingiustizia Globale: migrazioni e disuguaglianze e il futuro della classe media. Roma: LUISS.