L’Italia per una cooperazione Euro-Mediterranea sostenibile e di pace

La collocazione geografica dell’Italia al centro del Mediterraneo la pone come terra di confine per l’Europa. Profonde sono le ragioni storiche e culturali da prendere in considerazione, ma è necessario aggiornare l’azione sulla regione Mediterranea alla luce delle istanze democratiche attive sul tema dei diritti e della crisi dei flussi migratori che abbiamo vissuto negli ultimi anni con la feroce campagna politica di cui è stata oggetto. La cooperazione per il Mediterraneo deve fare i conti con la strumentalizzazione della cooperazione per fini securitari, le povertà che spinge a spostamenti forzati di genti e alla fuga per la libertà senza canali regolari di migrazioni, le domande di asilo e cittadinanza. Gli attori degli Stati Generali della Cooperazione Internazionale concordano nel definirlo un test fondamentale per l’esercizio concreto del principio della coerenza delle politiche ai fini dello sviluppo sostenibile e insieme un banco di prova obbligato della solidarietà e della cooperazione inclusiva, in un’area che pone popoli, comunità e istituzioni confinanti nel loro dialogo naturale davanti alle maggiori sfide poste dall’Agenda 2030. Il Mediterraneo è anche Balcani, un’area sempre di più al centro della riflessione strategica e geopolitica del nostro Paese, per favorirne la stabilizzazione ed uno sviluppo più armonico dell’area. Le Organizzazioni della Società Civile italiane, insieme alle Associazioni delle Diaspore, rappresentano il motore più potente a supporto delle istanze sociali dei Paesi mediterranei nel divenire protagonisti del cambiamento necessario a contrastare criticità e conflitti, riduzione delle liberà personali, disoccupazione e disuguaglianze, disastri ambientali, condividendo e sviluppando buone pratiche. Occorre rafforzare trasparenza, democraticità e indipendenza delle reti OSC per renderle aperte alla pluralità delle istanze civili e alle sue evoluzioni socio-economiche. Urgente è il richiamo alla coerenza delle politiche nazionali per sostenere, con rinnovate risorse, il lavoro delle OSC, affermando la democrazia, i diritti civili e la libertà come faro delle relazioni instaurate tra Governi, istituzioni e comunità. Questo obiettivo si raggiunge con una forte azione esterna comune, a partire dal livello Europeo. La drammatica sconfitta delle ‘Primavere’ arabe, i conflitti, la prolungata crisi e la cancellazione dei diritti civili in Libia e in Egitto, l’emergere di tanti gruppi armati, milizie, regimi dittatoriali, minoranze nazionaliste e gruppi estremistici religiosi anche trans-nazionali, città-stato autoproclamate, organizzazioni criminali, trafficanti di esseri umani devono essere affrontati dalla politica globale, fissando confini invalicabili oltre i quali non riconoscere partner politici. L’Italia ha una tradizione pluriennale nel dialogo e nella cooperazione euro-mediterranea, perciò deve tornare ad essere protagonista, attraverso una politica estera ristrutturata nel profondo nella sua capacità di agire nella tutela dei diritti umani e di chi li difende, nella pronta risposta alle situazioni di emergenza, aiuto umanitario, nella realizzazione di politiche di cooperazione che mettano l’empowerment e l’occupazione femminile tra le priorità. Nel Mediterraneo le donne hanno avuto nei secoli un ruolo centrale nella tutela della vita comunitaria, nella cura di chi soffre, nell’educazione, nella preservazione della tradizione più sensibile al rispetto dell’ambiente, alla sostenibilità sociale e anche nella ricerca di strade autonome di emancipazione ed empowerment nel dialogo spontaneo tra generazioni e nel rispetto delle diversità. La geopolitica energetica e commerciale ha spesso dominato il sistema delle relazioni nel Mediterraneo, rafforzando sistemi socio-economico-politici basati su una concentrazione della ricchezza e del potere, invece di consolidare un’area di stabilità democratica e prosperità sostenibile ai confini dell’Europa. Il cambiamento di paradigma nella lettura della sostenibilità ambientale, sociale ed economica e l’evoluzione delle tecnologie e dei modelli energetici – anche in virtù degli impegni vincolanti presi a livello internazionale in tema di cambiamenti climatici – offrono una straordinaria opportunità di virtuosa cooperazione: lo stesso vale per l’esperienza delle Reti dell’Economia Sociale e Solidale. Entrambi sono volani di crescita inclusiva e di modelli socio-economici democratici e sostenibili. La discriminante sui modelli di business scelti interessa tutti i settori chiave delle economie. Il business inclusivo ha l’obiettivo di ridurre le diseguaglianze, creare lavoro dignitoso, e rappresentare – attraverso modelli di economia collaborativa (cooperative, reti di economia sociale e solidale, Groupement d’intérêt économique GIE, piattaforme collaborative, etc) – delle palestre per l’esercizio della democrazia e della partecipazione. L’Italia deve promuovere l’integrazione di tutto il Mediterraneo, che invece sempre più interpreta come ‘mercato’, deve poter innescare processi di cooperazione efficace e stabilità, favorendo uno sviluppo sostenibile ai 3 livelli: sociale, economico e ambientale, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030. Le sfide comuni dei Paesi mediterranei sono sicuramente tutela dell’ambiente, politiche energetiche sostenibili, contrasto ai cambiamenti climatici, tutela dei beni comuni, sanità, coesione sociale e diritti oltre alla costruzione di filiere agroalimentari che aiutino i piccoli produttori ad aggregarsi e ad evolvere verso un sistema di proprietà diffusa della terra. L’impatto del COVID-19 a livello globale ha evidenziato la necessità da un lato di adeguare i sistemi sanitari e dall’altro di mitigare le conseguenze socioeconomiche della crisi, in un patto tra territori e comunità per la corretta gestione delle risorse, l’affermazione del turismo sostenibile e il rafforzamento della tradizione e cultura di recupero delle produzioni e innovazione nei sistemi alimentari. Poiché si tratta di sfide globali, il sistema di cooperazione italiano è chiamato a muoversi in sinergia con strumenti messi in campo a livello Europeo ed internazionale sia in termini di risorse (Programmi ENICBCMED, PRIMA, SwitchMed, etc) sia in termini di politiche, ma senza cedere rispetto alla priorità della linea della sostenibilità e del partenariato a pari livello per tutti, oltre le regole degli interessi di pochi imposti ai tanti.

Le 3 domande:

– quali priorità e quali buone pratiche possono essere identificate dalla società civile mediterranea per la definizione delle linee strategiche del sistema della cooperazione italiana ed europea con la sponda Sud e l’area balcanica del Mediterraneo? Come lavorare su un pilastro sociale mediterraneo?

-il dialogo tra le OSC italiane e le organizzazioni delle diaspore come deve articolarsi nel Mediterraneo nella costruzione di programmi condivisi di contrasto alla povertà e allo sfruttamento economico e per il rafforzamento sociale e l’affermazione di democrazia e diritti delle comunità e persone? Quali le azioni umanitarie e di accoglienza da attivare e rafforzare comunemente nei confronti delle popolazioni migranti?

– Quali politiche e quali programmi operativi europei di dialogo e cooperazione euro-mediterranea occorre rafforzare o migliorare e quali invece contrastare? Come?

L’Italia per una cooperazione Euro-Mediterranea sostenibile e di pace

Le sfide a cui dobbiamo rispondere nel Mediterraneo possono essere affrontate solo attraverso partnership più forti con gli attori della sponda sud del Mediterraneo per un lavoro comune richiesto dall’Agenda 2030. Per costruire un’Europa e un Mediterraneo basati sulla solidarietà, la pace e la prosperità condivisa bisogna essere in grado di far fronte alle problematicità presenti in una regione estremamente eterogenea e complessa dove conflittualità e divisioni hanno spesso prevalso sui fattori di integrazione.

La capacità di fare rete e cooperare, lo sviluppo di processi decisionali inclusivi e partecipati sono alla base delle strategie da mettere in atto per rispondere alle sfide sociali, economiche e ambientali che sono condivise dai 750 milioni di persone che abitano l’intera regione euro mediterranea.

Siamo convinti che solo attraverso un ponte stabile, solido nella creazione di relazioni e partenariati sostenibili e virtuosi tra le sponde del Mediterraneo, un ponte in continua costruzione nella promozione di relazioni multi-attore si possano progettare e attuare modelli di sviluppo e di business integrati e sostenibili.

Modelli socio-economici democratici e sostenibili che possano essere volano di crescita inclusiva e che siano in grado di ridurre le diseguaglianze, creare lavoro dignitoso, e rappresentare – attraverso l’economia collaborativa e la promozione sociale – delle palestre per l’esercizio della democrazia e della partecipazione.

Nel supportare il settore privato nel Mediterraneo bisogna privilegiare forme di impresa inclusive e sostenibili1 che abbiano la capacità di ridurre le disuguaglianze sociali e territoriali, garantendo stabilità occupazionale e lavoro dignitoso. Tali modelli di impresa devono mettere al centro le persone, migliorando il benessere collettivo rispondendo alle aspirazioni dei giovani, delle donne e delle persone vulnerabili a rischio di esclusione sociale, affinché possano trovare in questo modello di impresa un’alternativa alla precarietà del lavoro e alla mancanza di opportunità.

Chiediamo che la possibilità di cooperare attraverso le reti, la cooperazione territoriale, la partnership multi-attore e transnazionale sia posta al centro delle agende politiche, nazionali ed europee e transnazionali nella regione mediterranea, per costruire uno sviluppo più responsabile e sostenibile e al servizio dell’interesse collettivo, in grado di rispondere alle sfide dell’Agenda 2030.

1 Cfr Report “Mind our business – Amplify the transformative power of sustainable and inclusive business models through EU external action” (2020, Concord Europe, FTAO & Cooperatives Europe)