Stato cooperazione allo sviluppo

 

Le OSC di cooperazione e solidarietà internazionale e lo stato di attuazione e criticità del sistema di cooperazione allo sviluppo italiano

A sei anni dall’approvazione della nuova legislazione di settore – L. 125/2014 – si impone una riflessione sulla funzionalità della cooperazione italiana in generale e sullo stato dell’arte per quanto concerne il ruolo delle OSC di cooperazione e solidarietà internazionale in particolare. Per quanto attiene lo scenario globale, certamente le diseguaglianze crescenti tra aree del pianeta – così come all’interno delle stesse nazioni più ricche -, le migrazioni forzate, le disparità di genere presentano sfide che richiedono uno straordinario sforzo di solidarietà, che i cambiamenti climatici impongono di estendere anche alle relazioni tra umanità ed ambiente. Senza approfondire in questa sede questi argomenti, ben conosciuti ed analizzati da quanti si occupano dei nostri temi, va sottolineato il ruolo fondamentale che in questi scenari giocano le OSC di cooperazione e solidarietà internazionali, da sempre deputate a esercitare un ruolo attivo e propulsivo in materia.

Il compito delle OSC in particolare si sostanzia attorno a tre assi tematici: progettualità concreta in partenariato con i beneficiari; informazione dell’opinione pubblica sui temi delle relazioni solidali a livello nazionale ed internazionali; proposte politiche per migliorare il quadro e la coerenza tra le varie forme degli aiuti. Tutto questo, negli ultimi anni, ha visto in Italia un preoccupante calo di attenzione sia da parte della politica sia da parte dell’opinione pubblica, con un conseguente quadro di sostanziale congelamento sia degli impegni finanziari pubblici previsti sia per quanto concerne la piena attuazione della riforma legislativa.

Le OSC di cooperazione, in particolare, rilevano dunque delle importanti criticità a diversi livelli. Gli stanziamenti previsti per la cooperazione internazionale, a livello di impegni sia multilaterali sia bilaterali, sono decisamente inadeguati. Questo dato quantitativo rileva, secondo le OSC di cooperazione, della scarsa attenzione data alla materia delle relazioni internazionali attraverso l’agenda della cooperazione, come invece previsto e sancito dall’articolo 1 della Legge di riforma. Il dato quantitativo è significativo, dunque, perché riflette quello politico, in particolare la pericolosa tendenza all’unilateralismo e alla chiusura identitaria, alla rimessa in discussione della universalità dei Diritti umani e dunque della solidarietà internazionale non come optional, ma come base sostanziale di un modello di sviluppo più giusto e sostenibile per tutti. Da quest’analisi le reiterate richieste da parte delle OSC di cooperazione ai vari livelli, nazionale, europeo, internazionale, affinché si trovino i fondi per sostenere la realizzazione degli SDGs nei Paesi Partner. 

Rispetto al tema delle innovazioni introdotte dalla Legge di riforma, e sulla strada ancora necessaria per aggiornare e innovare il sistema di cooperazione nazionale, l’esperienza di questi anni ha messo in evidenza la fragilità dell’architettura centrata su MAECI/DGCS, AICS e CDP. In particolare, si evidenziano tre temi: quello del mancato completamento dell’organico dell’Agenzia, unito alla inadeguatezza delle sua sede logistica; lo scarso coinvolgimento della CDP nelle attività di sostegno alle iniziative di cooperazione; l’incuria in merito al pieno funzionamento degli organismi di consultazione e rappresentanza delle varie istanze della società civile previsti dalla riforma.

Sugli organici dell’Agenzia e sulla inadeguatezza della sua sede logistica non è il caso di soffermarsi: le carenze sono talmente evidenti che il problema appare più politico che tecnico. In sintesi: non ha senso introdurre un’Agenzia se poi non gli si danno i mezzi e la sede adeguata. A livello politico invece, anche a fronte della delega specifica ad un Vice ministro, i ritardi nel funzionamento dell’architettura istituzionale della Legge sono evidenti: la saltuaria convocazione del CNCS e del CICS, i ritardi in ordine al Documento di programmazione triennale anche come strumento di coinvolgimento delle società civile e di necessario ripensamento dei Paesi prioritari. Tutte queste criticità del livello politico si riflettono infine nella cronica difficoltà a tenere il passo degli impegni internazionali, dalla qualità dei processi di pianificazione e dal ruolo dei diversi attori non-statuali, l’attiva presenza dei quali dovrebbe esser uno dei tratti distintivi della nuova cooperazione italiana.

Infatti, così come la legge 49 nacque “vecchia” poiché fotografava una realtà delle OSC già in essere ed operativa da tempo, altrettanto la legge 125 sconta un ritardo significativo per essere all’altezza delle necessità imposte da una visione più moderna del sistema. Uno degli elementi importanti alla base della sollecitata e a lungo attesa riforma della cooperazione, era il riconoscimento del valore, il ruolo e dunque la piena idoneità della realtà articolata dei soggetti non governativi. Se questo intento – tra i più innovativi della legge – era proprio questo riconoscimento, a sei anni dalla sua entrata in vigore questo processo è certamente incompiuto e insufficiente. Di questo mancato riconoscimento di ambiti e soggetti che pure contribuiscono e con efficacia alla cooperazione risente l’intero processo di rinnovamento del sistema della cooperazione.

La traccia di discussione per gli Stati Generali può essere sintetizzata in poche domande chiave: in che modo riattivare un circuito virtuoso tra impegni internazionali e misure concrete da parte del Governo? Quali immediate misure devono essere sollecitate per la piena attivazione dell’architettura del sistema italiano di cooperazione?

Gli strumenti della Cooperazione dello Sviluppo per l’Agenda 2030

L’altro terreno sul quale i sistemi di cooperazione sono chiamati a innovare è quello della capacità di tenere il passo della Agenda 2030. Avendo ben presente che l’Agenda richiede sforzi anche e soprattutto sul piano nazionale, la costruzione di partenariati globali per lo sviluppo sostenibile occupa un posto centrale del nuovo consensus. Non è un caso che tanta parte delle politiche europee di cooperazione hanno assunto proprio gli SDGs come punto di riferimento. A questo riguardo, la cooperazione è chiamata a dimostrare il proprio impegno nella realizzazione degli obiettivi di sviluppo oltre che la capacità di attrarre nuove competenze e risorse dal settore privato. La discussione affronterà il nodo dei partenariati locali e internazionali come opportunità di innovazione e per la realizzazione della cooperazione di sistema prevista dalla legge di settore, L. 125/2014. 

Come valorizzare la collaborazione tra i soggetti del sistema di cooperazione

La sfida che viene rilanciata dall’Agenda 2030 è anche quella di mobilitare tutte quelle risorse che la realizzazione di un ampio insieme di obiettivi tematici richiede. Sappiamo che la discussione è stata spessa affrontata a partire dall’espressione from billions to trillions, che ha portato alla ribalta, fra le altre cose, il cosiddetto uso catalitico delle poche risorse pubbliche a disposizione. Su questi temi il dibattito internazionale è ricco di analisi e dati che siamo quindi chiamati a calare nella realtà nazionale. Potremo valutare l’esperienza dell’AICS e della Cassa Depositi e Prestiti oltre che inquadrare questa esperienza alla luce dello spazio che la legislazione italiana offre per la collaborazione profit / non-profit oltre la dimensione delle charity.